Un nuovo modello costi-benefici per le politiche climatiche
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Un nuovo modello costi-benefici per le politiche climatiche

10 giugno 2021

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Le analisi costi-benefici delle politiche climatiche operate mediante Integrated Assessment Models (IAM) hanno spesso determinato valutazioni contrastanti. Le eterogeneità e le disuguaglianze tra diverse regioni, due fattori cruciali nella determinazione del benessere sociale, sono stati presi solo parzialmente in considerazione nei modelli di valutazione già esistenti.

Il paper intitolato “Persistent inequality in economically optimal climate policies” – appena pubblicato su Nature Communications e scritto da Paolo Gazzotti, dottorando del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, insieme al Prof. Massimo Tavoni (DIG), al Prof. Andrea Castelletti (DEIB) e ad altri ricercatori dello RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e della PBL Netherlands Environmental Assessment Agency – presenta un modello costi-benefici che prende in considerazione più di 50 regioni, calibrato su dati di emissioni e relativi costi di mitigazione provenienti da modelli integrati con dettaglio dei processi, e caratterizzato da funzioni di danno economico a livello di singolo paese.

Gli autori confrontano comportamenti non-cooperativi e cooperativi dei diversi paesi basandosi su una serie di ipotesi riguardanti lo sviluppo socio-economico, l’impatto dei cambiamenti climatici, le preferenze economiche nel tempo e rispetto alla disuguaglianza internazionale. I risultati mostrano che senza cooperazione tra paesi la temperatura globale aumenta, anche se in misura inferiore rispetto agli scenari di riferimento più diffusi ed utilizzati in letteratura. La cooperazione internazionale, invece, consente di stabilizzare la temperatura globale raggiungendo gli obiettivi di Parigi (1,80∘C [1,53∘C-2,31∘C] nel 2100). Nonostante questo, persiste una forte disuguaglianza economica: il rapporto tra i decili di reddito superiore e inferiore è maggiore del 117% rispetto a uno scenario che non contempla l’impatto dei cambiamenti climatici, anche per politiche economicamente ottimali.