I circuiti ottici “programmabili” sono oggi la nuova frontiera della fotonica integrata e le loro potenzialità sono state pubblicate dalla prestigiosa rivista Nature in uno studio dei proff. Andrea Melloni e Francesco Morichetti del DEIB - Politecnico di Milano insieme all’Università di Stanford, al Max Planck Institute, al Massachusetts Institute of Technology, all’Università di Ghent e all’Università Politecnica di Valencia.
La fotonica sta avendo una diffusione pervasiva in moltissimi contesti applicativi ed è ormai necessario avere circuiti ottici “general purpose” programmabili direttamente dall’utilizzatore finale. In altre parole, questo significa prendere in prestito il concetto delle FPGA (field programmable gate array) elettroniche, circuiti programmabili direttamente dall’utilizzatore finale, che si contrappongono ai circuiti ASIC (application specific integrated circuits) pensati per svolgere una sola funzione.
Già tre anni fa, il gruppo di Photonic Devices del DEIB aveva intuito queste potenzialità realizzando un prototipo di dispositivo ottico programmabile in grado di separare fasci di luce fortemente miscelati tra loro (vedere Sbrogliare matasse di luce: il Politecnico di Milano inventa un dispositivo che rivoluzionerà la fotonica). Questi stessi circuiti possano essere usati anche per fare ben altro, ad esempio svolgere operazioni matematiche (come moltiplicazioni di matrici) in modo estremamente rapido, implementare sistemi di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, realizzare reti di sensori on-chip e sistemi di imaging, manipolare stati quantistici della luce.
Il DEIB collabora a questa attività di ricerca con il Photonic Devices Lab, sotto la guida dei proff. Francesco Morichetti e Andrea Melloni, e Polifab, il centro di micro e nanotecnologie del Politecnico di Milano. L’attività è finanziata dal progetto Europeo H2020 Superpixels, che mira alla realizzazione di sistemi di sensoristica e imaging di nuova generazione sfruttando la manipolazione su chip di segnali luminosi.
L'articolo al link: https://www.nature.com/articles/s41586-020-2764-0